Vicende di questo genere sono senza dubbio terribili. Pensare che il tuo lavoro, nel silenzio, covi di fatto la tua (e quella di altri) futura morte è terribile. Proprio per questa ragione è bene che, e ancor di più quando vi sono di mezzo dei risvolti di natura giudiziaria, si valuti l’insieme delle cose e ci si ponga, ancor più necessariamente, delle domande. Non voglio entrare nel merito della sentenza che ha condannato l’imprenditore elvetico Stephan Schmidheiny, ma piuttosto interrogarmi sul risarcimento accordato alle parti parti civili ovvero agli enti pubblici, in primis il Comune di Casale e la Regione Piemonte. Ma non solo. Vorrei anche puntare il dito sul grande assente tra i banchi degli imputati: lo Stato. Eh sì, può andare bene che il comune venga risarcito in rappresentanza dei tanti abitanti e fratelli limitrofi che negli anni hanno subito il quotidiano veleno prodotto dall’amianto, però, sì però, mi chiedo dove sia colui che di fatto ha permesso ciò. Lo stesso attore dell’odierno imperio sanzionatorio (in senso positivo cito il termine latino), quell’entità che esercita la propria autorità sulle cose ovvero lo Stato. Cosa ha fatto, infatti, lo Stato negli anni in cui l’azienda incriminata produceva amianto? Dove erano le autorità di controllo che dovrebbero vigilare (ogni giorno) sulla salute pubblica? Dove? E non mi pongo questi interrogativi a caso, anzi tutt’altro, formulo questi interrogativi in prospettiva futura! Perché questa sarà, senza dubbio, una sentenza che potrà far scuola (proprio come spera il PM Guariniello). Lo Stato ovvero colui che oggi “nel nome del popolo (sic!) italiano” esercita la propria autorità giuridica sulla multinazionale elvetica, dove era ieri quando avrebbe dovuto esercitare la propria autorità di controllo e divieto? Anche in questo caso il gatto (lo Stato), prima di mordere altri, dovrebbe anzi tutto mordere la propria lunga coda…
La sentenza Eternit: quando il gatto dovrebbe mordersi la coda.
03 lunedì Giu 2013
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